SANTUARIO ITALICO ROMANO nel Comune di PESCOSANSONESCO (Pe)

IL TEMPIO VISTO DALL’ALTO

Nella sua espansione verso il resto della penisola, Roma aveva da tempo sottomesso le tribù italiche che erano state sue preziose alleate contro Annibale e in altre guerre.

Nonostante questi servigi e le esplicite richieste, continuava a rifiutare loro la concessione della cittadinanza romana. Accadde così che la situazione precipitò e – appunto nel 90 a.C. – Sanniti, Marsi, Peligni, Marrucini, Vestini, Piceni, Pentri, Frentani  si unirono in una confederazione (la Lega Italica), elessero capitale Corfinium (l’attuale Corfinio, presso Sulmona) ribattezzata per l’occasione Italica, e richiesero di nuovo ufficialmente la concessione della cittadinanza.

Di fronte al rifiuto del Senato, scesero in armi contro Roma tiranna, scatenando la feroce Guerra Sociale, che divampò soprattutto in Abruzzo e in Campania. Alla fine dell’anno il console L. Giulio Cesare fece votare una prima legge che concedeva intanto la cittadinanza alle città che erano rimaste fedeli (come la vestina Pinna, l’odierna Penne). Nell’anno successivo, l’89 a.C., una nuova legge estese i benefici a tutti gli Italici, ponendo fine alla sanguinosa guerra civile.

Nel corso dell’insurrezione, le tribù italiche confederate si diedero una struttura politica unitaria sul modello di quella dell’Urbe: elessero due Consoli (uno dei Marsi e uno dei Sanniti, le due tribù preminenti), un’assemblea di ben 500 senatori, e soprattutto sancirono e simboleggiarono la loro unità politica e di intenti coniando una moneta comune, che riproduceva la cerimonia del giuramento di fedeltà comune alla causa, col dono delle fedi e il sacrificio di scrofe. Sul lato opposto, accanto ad una bellissima testa femminile cinta dell’alloro della vittoria, compariva per la prima volta nella storia il nome ITALIA.

Testa laureata di Italia, si noti la parola ITALIA che compare per la prima volta. Il rovescio della moneta raffigura la scena di un giuramento: otto soldati, quattro per parte, indicano con le spade un maialino tenuto da un giovane; sullo sfondo, uno stendardo

Un nome e un progetto unitario che quella guerra consegnò alla storia della nostra penisola, facendone il nome della nostra Nazione e il simbolo di una comune identità nazionale che fu suggellata per la prima volta, col sangue dei nostri antenati abruzzesi.

La Moneta è conservata nella Biblioteca Nazionale in Parigi.

E’ di straordinaria importanza perchè è la prima testimonianza visiva dell’esistenza della parola ITALIA, e risale al 91 a.C., quando le popolazioni italiche si riunirono per giurarsi fedeltà e muovere contro Roma con la famosa Guerra Sociale.

La moneta in argento, sulle cui facce sono riprodotte la scena del giuramento e l’immagine di una donna con la scritta ITALIA, è stata rinvenuta tra i resti del santuario italico-romano sul Monte Queglia (alle pendici del Gran Sasso), nell’attuale territorio del Comune di Pescosansonesco in provincia di Pescara.

pianta del Tempio ITALICO ROMANO di Pescosansonesco (PE)

La struttura del tempio

il tempio visto dall’alto (il lago a destra della foto)
La leggenda vuole che questo sia il lago dove i capi delle otto tribù Italiche giurarono lanciando al suo interno i loro anelli di comando

La zona è stata riconosciuta come vestina dallo storico, archeologo e accademico italiano Adriano La Regina. Il santuario del Monte Queglia, frequentato a partire dal V° secolo a.C. fino a età imperiale avanzata, ebbe una sistemazione monumentale in almeno due fasi, probabilmente tra il II° e I° secolo a.C., con un edificio a tre celle dai pavimenti in coccio pesto e un tempietto a una cella su alto podio, in opera incerta. Vi è stata ritrovata, durante gli scavi effettuati negli anni Ottanta, una iscrizione di cui gli archeologi si sono limitati a segnalare il nome del dedicante , T. Vetis C., per la forma in is che induce a considerare l’iscrizione come vestina o vestina-latina, e per la concordanza onomastica con altre attestazioni epigrafe della zona, sia epicorie (indigene, del luogo) che latine. Invece la pietra, secondo gli studi del Prof. Cesare Letta (studioso di storia romana), rivela nella sua interpretazione, il rapporto con le strutture del santuario.

L’iscrizione è incisa sulla faccia superiore di un blocco calcareo parallelepipedo (cm.46x46x16,5), che presenta al centro della stessa faccia un anello di presa in ferro (ora aperto) del diametro di circa 4 cm, fissato con piombo entro un incasso rettangolare, e sulla faccia opposta un’appendice o dente, ricavata dallo stesso blocco di forma grosso modo cilindrica,con una leggera svasatura di raccordo con la parte superiore (diametro da 34 a 40 cm, altezza circa cm.43).

Solo la faccia superiore iscritta risulta lisciata; delle quattro facce laterali del parallelepipedo è lisciata solo una fascia di circa cm.3 che, con una leggera smussatura, costituisce il raccordo con la faccia superiore; il resto del parallelepipedo e l’intero dente sono solo grossolanamente sbozzati, sicchè appare chiaro che solo la faccia superiore, fino alla base della smussatura di cui si è detto, era destinata ad essere visibile. In essa si nota tutto intorno all’anello una traccia incavata sub circolare (diametro circa cm.19), che sembrerebbe prodotto dallo sfregamento di una maniglia metallica originariamente fissata all’anello.

la pietra con la iscrizione

Nell’insieme, sembrerebbe trattarsi del coperchio di un pozzetto, di un’arca o di un tombino; quest’ultimo doveva rappresentare un incasso quadrangolare intorno a un’imboccatura rotonda; in questo modo il blocco iscritto andava a incastrarsi col suo grosso dente cilindrico nella bocca rotonda e con la part superiore nell’incasso, assicurando la massima tenuta e stabilità. La maniglia infilata nell’anello di ferro permetteva probabilmente la rimozione del coperchio per mezzo di una carrucola. L’angolo inferiore sinistro del parallelepipedo presenta una scheggiatura, ma per il resto il blocco appare integro e l’iscrizione non ha subito alcun danno. Essa è divisa in due linee : la prima occupa tutta la larghezza della pietra subito sotto il margine superiore; la seconda, costituita da due sole lettere, è centrata subito sopr il margine inferiore. Le lettere sono alte circa cm. 3 . La iscrizione potrebbe essere interpretata in questo modo:

T (itis) Vetis C(aicis) f(a)t(i)cule (?)

T(hesaurum) p(osuit?)

< Tito Vettio figlio di Gaio ha collocato nel santuario oracolare la cassa delle offerte>

MAPPA DELLA ZONA DI UBICAZIONE DEL SANTUARIO ITALICO ROMANO

alcuni brani sono stati tratti dalla ricerca storica del Prof. Cesare Letta

Un sito archeologico di notevole valore storico che vale la pena di conoscere e visitare

ARCHEOCLUB VADO DEL CERASO

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